lunedì 31 ottobre 2011

Anteprima di NEED FOR SPEED: THE RUN - HANDS ON

Emozioni racing game da più di 15 anni…

Per l’esattezza sono ben 16 anni che EA continua a proporre alla sua utenza l’amato Need for Speed. Fra alti e bassi, il buon racing game della software house americana è sempre riuscito ad accontentare i propri giocatori con capitoli sempre più avvincenti, spettacolari ed emozionanti. Dopo la nascita della serie SHIFT, divenuta proprio una saga a se stante e totalmente dedicata alla simulazione automobilistica, i ragazzi di Black Box tornano sul campo con Need for Speed: The Run, un promettente erede arcade della saga con buone premesse; tuttavia, ci sono piccoli grandi dettagli che potrebbero diversificare il nuovissimo prodotto dai suoi predecessori, dettagli che andremo ad analizzare nel corso di questo hands on… Allacciate le cinture, si parte!

Che spettacolare!

Indubbio che Need for Speed si sia sempre distinto dalla concorrenza per via della sua unica capacità di enfatizzazione della spettacolarità delle competizioni automobilistiche, almeno per alcuni capitoli quali ad esempio Most Wanted,UndercoverHot Pursuit ed altri precedenti titoli. Quest’anno, EA offre una nuova entusiasmante esperienza ludica con Need for Speed: The Run arricchendo però il pacchetto con succose novità. Non mancheranno come sempre elementi che hanno reso celebre l’originale NFS: divertimento, spettacolarità ed impegnative competizioni faranno sempre capolino ogni qualvolta ci appresteremo a gare di diversa tipologia ma se queste “semplici” caratteristiche ormai da anni marchio di fabbrica dell’apprezzata serie fossero ancor più esaltate? E’ stata proprio questa l’impressione che abbiamo avuto provando per la prima volta il nuovo The Run. Mettendo a nostra disposizione due fiammanti vetture (una splendida Lamborghini Gallardo ed un altrettanto performante Porsche 911 Carrera S), la demo del nuovo Need for Speed ci catapulta immediatamente nella nostra prima gara sprint in unDesert Hills più pericoloso e rombante che mai! Nonostante il tracciato sopracitato sia indiscutibilmente ben studiato, la seconda ed ultima competizione ambientata in un luogo di innevate montagne si è dimostrata essere ben più ricca di emozioni ed adrenalina; in un tracciato irto di pericoli ci siamo trovati ad inseguire un ignoto guidatore che ci ha colti improvvisamente ed impreparati. Come se non bastasse, ci attenderanno altre belle sorpresine, ossia un temibile decadimento dei rilievi innevati, cosa che provocherà un’inevitabile ripercussione sull’inseguimento ancora in via di svolgimento rendendo il tutto molto più difficile. Con una modesta abilità di guida dovremo cercare di schivare tutti quei gran massi che rischiano di crollare sulla nostra automobile; grazie ad una sapiente mappatura dei comandi, l’affrontare sfide potrebbe rivelarsi certamente impegnativo ma comunque superabile se ben riusciremo a padroneggiare la nostra vettura con il buon sistema di controllo che ci offre il prodotto. Indiscutibile quindi anche il modello di guida arcade assolutamente funzionale sotto tutti i punti di vista e seppur appena sufficiente, la versione dimostrativa ha saputo mostrare due situazioni ben diverse fra loro che speriamo di trovare in un prodotto finale potenzialmente variegato. Tuttavia, un elemento che volevamo sottoporre ad un’attenta analisi erano i quick time event, totalmente assenti in questa dimostrazione, pertanto speriamo di provare questa nuova meccanica di gameplay in un prossimo futuro, magari prima dell’uscita ufficiale del titolo.

Battlefield 3 ed il suo strepitoso Frostbite 2! No, aspetta… stiamo parlando di Need for Speed!

Sul fronte tecnico, Need for Speed: The Run si presenta nel complesso davvero ben fatto: i modelli delle macchine sono stati egregiamente ricreati fedelmente e sono assolutamente dettagliati, altrettanto il sistema di illuminazione. Insomma, il nuovo motore grafico Frostbite 2 si presta ad essere un engine utilizzabile per una fascia di titoli forse ben allargata ma è ancora presto per trarre conclusioni così affrettate. Pur mostrando una realizzazione tecnica generalmente buona, infatti,The Run pecca sotto alcuni aspetti; offre sicuramente un comparto grafico all’altezza, ma a dirla tutta non stupisce come ci saremo aspettati da un motore così potente come il Frostbite. Il framerate si presta ad essere stabile ma non completamente, mostrando alcuni cali nelle fasi più concitate ed ove si presentano maggiori dettagli dell’immagine. Comunque dettagli mediamente più o meno visibili che potranno sicuramente essere risolti in un periodo di pre-lancio ancora sufficientemente duraturo.

Pronti a correre… per la vita?!

La versione dimostrativa di Need for Speed: The Run, parlando generalmente della struttura di gioco e tecnica, ci ha lasciati tutto sommato soddisfatti ed ottimisti per il futuro del brand. Alcune caratteristiche ormai quasi “leggendarie” della saga sono rimaste pressoché immutate e a queste ne sono state aggiunte di nuove come iquick time event, meccaniche di gioco che da un lato possono giovare per spezzare la ripetitività che potrebbe presentarsi sul lungo termine ma dall’altro potrebbero ancora una volta allontanare il tipico gameplay di Need for Speed dal nuovo esponente della saga. Need for Speed: The Run continuerà la tradizione della serie a cui rende onore o presenterà un’esperienza ludica completamente nuova? La demo che abbiamo trattato durante questo articolo ha tenuto celati molti aspetti che desidereremo approfondire e per rispondere alla suddetta domanda avremo sicuramente la possibilità di chiarire diverse caratteristiche del titolo solo in sede di recensione…

RECENSIONE PRINCE OF PERSIA LE SABBIE DIMENTICATE

Il ritorno del vecchio Principe

Quando nel 2005 uscì Prince of Persia: I due troni, tutti gli appassionati che ormai si erano affezionati al Principe persiano non poterono non provare quella sottile sensazione di nostalgia e tristezza che accompagnava i titoli di coda. Infatti, la saga incentrata sulle Sabbie del Tempo targata Ubisoft era giunta al suo termine e le speranze di poter un giorno ritornare ad impersonare il caro e “vecchio” Principe (e soprattutto a controllare ancora una volta lo scorrere del tempo) si fecero sempre più flebili e lontane. Il presentimento che la trilogia delle Sabbie si fosse conclusa definitivamente fu inoltre avvalorato dall’arrivo, nel 2008 sulle console next-gen, diPrince of Persia, un nuovo (in tutto e per tutto) capitolo della longeva saga. Le Sabbie, il potere di manovrare il tempo e i combattimenti contro moltitudini di nemici erano ormai un lontano, ma bellissimo ricordo; o quasi…

Forse per esaudire i desideri dei fan più puristi della saga, Ubisoft decide quindi di arrestare per il momento lo sviluppo della neo avventura del nuovo Principe, sostituendola però con un l’ultimo episodio della serie, Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate (disponibile da pochi giorni) che si inserisce cronologicamente tra il primo ed il secondo capitolo della trilogia Ubisoft.

Ma le Sabbie del Tempo dove sono finite?

Il titolo in questione segna un evidente ritorno al passato (non solo per quanto riguarda la storia), più specificatamente basa le sue meccaniche sul gameplay diPrince of Persia: Le Sabbie del Tempo. Ciò significa che la giocabilità è principalmente costituita da impegnative e mozzafiato fasi platform, e combattimenti all’arma bianca caratterizzati da una notevole quantità di nemici, il tutto impreziosito dalla presenza di svariati e interessanti poteri. Prima però di entrare maggiormente nel dettaglio con un’analisi approfondita di quello che il titolo offre a livello strettamente ludico, è quanto meno necessaria una piccola introduzione dell’intreccio narrativo. Va detto sin da subito che, purtroppo, sotto questo aspetto siamo ben lontani da tutti i precedenti episodi (compreso quellonext-gen). Infatti il succo della trama sta praticamente tutto nelle primissime fasi di gioco: il Principe, su richiesta del padre, fa visita a suo fratello Malik. Tuttavia ad attenderlo c’è un temibile esercito, che sta assediando la città del fratello alla ricerca dei suo segreti; ossia il magico esercito di Salomone. Il Principe è quindi a suo malgrado coinvolto nella feroce battaglia, e quando per il popolo di Maliksembra non esserci più niente da fare, il fratello (ignaro delle terribili conseguenze) libera l’esercito di Sabbia del re Salomone, nella speranza che lo aiuti a sconfiggere gli invasori…

Per non svelare quel poco che rimane del plot, è preferibile interrompere qui il racconto degli avvenimenti. In ogni caso, si può tranquillamente affermare senza paura di essere smentiti che probabilmente si tratta della trama più brutta dell’intera saga. I colpi di scena sono ridotti al minimo, anzi quasi certamente sono del tutto assenti vista l’incredibile prevedibilità dell’avventura. Inoltre l’assenza di qualsivoglia richiamo a qualsivoglia capitolo della passata trilogia rende ancora più povero e “distaccato” il capitolo in analisi. Certo, il Principe può contare anche questa volta sulla possibilità di riavvolgere il Tempo (e basta), ma chi sperava magari di riutilizzare il Pugnale o di rivedere ancora una volta la Clessidra resterà sicuramente deluso. La storia si rivela, perciò, nel complesso piuttosto banale, nonché poco avvincente, e l’inconcludente (o quasi) filmato finale rimarca questa fastidiosa sensazione lasciandoci inevitabilmente l’amaro in bocca. Un altro aspetto negativo è la caratterizzazione dei pochi personaggi presenti: mai in un episodio di Prince of Persia si era visto un così poco spessore psicologico dei vari protagonisti. Lo stesso Principe, infatti, appare decisamente sottotono.

Ma questo non è il solito Principe!

Introduciamo ora il gameplay del titolo, che un po’ come tutto il resto, soffre di alti e bassi. Una volta inserito il disco di gioco e aver assistito al buono filmato introduttivo, l’impatto iniziale non risulta proprio dei migliori, nonostante la fase d’apertura non si dimostri affatto male (ma decisamente più fluida e apprezzabile alla seconda giocata). Infatti il sistema di controllo ha subito alcune variazioni che lo rendono meno intuitivo di quanto fosse prima. Un giocatore abituato ai vecchi episodi si sentirà, almeno inizialmente, un po’ spaesato e ci vorrà del tempo per metabolizzare il tutto e per controllare il personaggio in maniera quasi perfetta. Per il resto, la telecamera funziona abbastanza bene, ed è liberamente manovrabile; anche se durante le lunghe fasi platform gli sviluppatori hanno adottato anche moltissime inquadrature fisse, a volte fastidiose. Tornando al discorso sul sistema di controllo, le vere magagne iniziano a venire a galla durante gli scontri coi nemici. I combattimenti risultano, infatti, macchinosi, lenti e poco vari. Dove è finita tutta l’agilità del Principe? Dove sono le movenze regali che tanto abbiamo imparato ad amare nel corso degli anni? Queste sono le domande che ci rimbombano in testa mentre affrontiamo i nemici. Il Principe appare goffo, persino nella camminata/corsa, e a tratti quasi impacciato. I colpi sono lenti: c’è poca fluidità nei movimenti. Addirittura saltare un nemico (mossa classica del Principe) è “difficile”, nonostante la presenza di decine e decine di avversari, e durante le prime ore di gioco molti salti finiranno a vuoto (a causa anche della mancanza di un agganciamento manuale sui nemici). Inoltre, ciò che lascia ancora più spiazzati è l’impossibilità di parare o deviare i colpi rivali, c’è soltanto data l’opportunità di schivare gli attacchi tramite il tasto cerchio. Insomma icombattimenti non colpiscono di certo in positivo, ma anzi sembrano addirittura inferiori a quelli realmente dinamici e appassionanti della trilogia delle Sabbie. Se, ad esempio, in Prince of Persia: Spirito Guerriero potevamo volgere l’ambiente circostante a nostro favore, qui non è possibile farlo; e questa mancanza si fa sentire. In più di un’occasione, infatti, avremmo voluto piombare dall’alto sui nemici o attaccare sfruttando un muro, proprio come un tempo. In sostanza, perciò, ogni scontro del gioco è identico, data la poca gamma di azioni concesse, e il giocatore può benissimo limitarsi soltanto a premere incessantemente il tasto di attacco (quadrato), che se tenuto premuto permetterà, però, di sfoderare un attacco molto più potente del normale. Le combo sono praticamente inesistenti e attaccare continuamente i nemici senza pensare ad altro porta quasi sempre ad un esito positivo dello scontro. L’I.A. dei nostri antagonisti è, appunto, poco definita e quanto mai banale, rendendo ogni duello privo di tatticismo e troppo semplice anche al livello di difficoltà più elevato (cioè normale…!!). Il parco mosse nemico è, poi, anch’esso ridottissimo e questo rende il tutto tremendamente prevedibile. Inoltre la quasi assenza di boss battle influisce negativamente sulla varietà degli scontri; dalla loro implementazione, e magari da quella dei QTE (anch'essi assenti), si sarebbe potuto ricavare un notevole beneficio in termini di divertimento. Purtroppo, le pochissime battaglie con i boss (anzi, si tratta di mini-boss) soffrono dello stesso difetto degli scontri standard: l’eccessiva ripetitività e piattezza. A voler essere drastici (ma neanche troppo) affrontare un mini-boss o un qualunque nemico comune (viste anche le poche varianti) non costituisce nessuna reale differenza in termini di giocabilità e divertimento. Persino la battaglia finale si dimostra decisamente poco curata e troppo semplicistica nel suo svolgimento. Alla fin fine, però, c’e anche da dire che superata la delusione iniziale e presa confidenza con i controlli, uccidere i mostri che ci si pareranno di fronte può risultare anche piuttosto piacevole. Tra le poche mosse, alcune sono spettacolari e ben realizzate e riescono a restituire al giocatore un minimo di appagamento, anche se, per lo più, appaiono ancora troppo “barbare” e brutali; meglio: poco eleganti per un personaggio agile e letale come dovrebbe essere il Principe, d'altronde Spirito Guerriero è la prova che si può uccidere anche con stile, ne converrete. Va detto, inoltre, che proseguendo nell’avventura si potranno “acquistare” in un apposito menù diverse magie (quattro per l’esattezza, ognuna attivabile dal relativo tasto direzionale) in grado di aiutarci in combattimento. Ogni magia potrà essere potenziata (grazie alle sfere rilasciate dai nemici), così come la salute. Nonostante queste interessanti caratteristiche, il loro essere sfruttate soltanto in parte accresce l’impressione che manchi quel qualcosa in grado di elevare i combattimenti sopra la soglia della mediocrità. 

Ma veniamo ora alla parte più riuscita dell’intera produzione: le ottime sequenzeplatform. Proprio così! Infatti la qualità di queste ultime è indubbia; gli sviluppatori sono riusciti nell’intento di sfruttare ogni elemento al meglio; al contrario che nei combattimenti. E tra una corsa su un muro, un salto da una trave ad un'altra, una arrampicata alla Assassin’s Creed o una schivata tra una trappola e l’altra, finalmente riconosciamo il nostro Principe: agile, veloce e aggraziato!. Le fasiplatform sono, infatti, impegnative, divertenti, appaganti, e a tratti anche più difficili che in passato. Ad esempio per schivare un tronco di legno ricolma di spuntoni è necessario davvero un ottimo tempismo. Riavvolgere il tempo diventa, perciò, finalmente utile qualora dovessimo perire durante una delle nostre pericolosissime acrobazie, e ancora una volta si dimostra dannatamente divertente. Insomma tutte quelle caratteristiche che erano presenti negli scorsi episodi, in particolare in Le Sabbie del Tempo, sono state inserite e oltre tutto sono anche state migliorate. Ad esempio i poteri che acquisiremo procedendo nell’avventura (che non c'entrano niente con le magie che potremo utilizzare in combattimento) si dimostreranno indispensabili per superare ostacoli altrimenti insormontabili. Dopo il potere del tempo, il secondo potere che avremmo il piacere di utilizzare ci permetterà, tenendo premuto L2, di congelare l’acqua; sulla quale poi il Principe potrà aggrapparsi o camminare. Ed è così che potremo saltare tra una colonna d’acqua ad un’altra o dondolarci su di un’asta di ghiaccio. Attenzione però, l’effetto di congelamento non è illimitato, dura soltanto pochi secondi, costringendoci perciò a superare la sezione il più in fretta possibile. Questa apparentemente semplice trovata, ha invece offerto agli sviluppatori la possibilità di creare fasi piuttosto complesse, grazie anche alla possibilità di congelare e scongelare l’acqua in qualunque momento. Benché gli altri restanti poteri non godano della stessa profondità di quello appena descritto, si dimostrano comunque più che sufficienti a garantire momenti adrenalinici e soprattutto coinvolgenti. Le fasi finali sono, infatti, davvero da cardiopalma dato che bisognerà alternare i vari poteri in continuazione, elevando all'ennesima potenza ogni acrobazia. 

In definitiva, quindi, le parti platform sono tutte ottimamente strutturate e in un crescendo di difficoltà riescono a mantenere il ritmo di gioco a livelli sempre buoni, grazie, però, anche ad un altro fattore: gli enigmi ambientali, che si fondono magistralmente alle sezione di piattaforme. Malgrado non siano per nulla complessi (girare/tirare leve o azionare pulsanti a pressione per aprire porte, ecc), quei pochi momenti in cui sarà richiesto un utilizzo minimo della materia grigia riescono ad intrattenere in maniera soddisfacente. 

Sotto il Sole della Persia

Se quindi la giocabilità risulta vincente da un lato, ma non pienamente convincente sotto l’altro aspetto, cosa dire della veste grafica? Come per il gameplay, l’impatto iniziale non è per niente esaltante, ma una volta fattasi l’abitudine si riesce chiaramente a delimitarne i pregi quanto i difetti. Per quel che concerne le ambientazioni non vi sono particolari appunti da fare: il motore grafico è lo stesso utilizzato per Assassin’s Creed e le location godono tutte di un’ottima caratterizzazione; alcuni scorci di paesaggio sono davvero evocativi. Un altro aspetto positivo è l’illuminazione, che in alcune circostanze riesce davvero a donare un tocco artistico agli stupendi paesaggi. Purtroppo il discorso cambia se si guarda la realizzazione dei personaggi. A partire dal Principe, che sembra appena uscito dalla caverna di qualche primitivo; incredibile è come sia riuscito magicamente a cambiare aspetto da questo episodio a Spirito Guerriero, ma queste sono stranezze della chirurgia estetica. In poche parole anche sotto l’aspetto esteriore questo “nuovo” (??) Principe appare più rozzo di quanto dovrebbe essere. In linea generale, comunque, la modellazione poligonale dei personaggi non è un granché e alcune texture sono proprio bruttine da vedere, specialmente durante i filmati, comunque buoni e realizzati con lo stesso motore di gioco. Per quanto riguarda i nemici, risultano anche essi poco ispirati e troppo simili tra loro, oltre che modellati soltanto discretamente. Infine le animazioni: ottime durante le sezioni platform, ma piuttosto scadenti durante i combattimenti, sia per quanto riguarda il protagonista che per i nemici. In linea generale, comunque, non sono presenti errori grafici particolarmente fastidiosi e l’immagine appare quasi sempre pulita e fluida.

Il comparto audio non brilla particolarmente; gli effetti infatti a volte non convincono appieno (in alcuni filmati non convincono per niente a dire il vero, sono quasi assenti…) e sono forse troppo ripetitivi, mentre le musiche sono carine, ma si limitano a contornare l’azione senza colpire positivamente il giocatore, che a volte neanche le noterà. Nulla di eccezionale nemmeno per quanto riguarda il doppiaggio. A conti fatti, quindi, la realizzazione tecnica si assesta su valori mediocri e anche se più che sufficienti non raggiunge la qualità di molti altri titoli next-gen. E adesso vogliamo dire quanto dura questa avventura? All’incirca sette ore, forse meno. ...Esatto! Anche la longevità è soltanto discreta. Inoltre il titolo è difficilmente rigiocabile, se non per prendere tutti i trofei (comunque davvero facili e già collezionabili in gran numero alla prima giocata). In alternativa, una volta finito il gioco, vi è la presenza della modalità sfida, nella quale potrete combattere per qualche minuto contro ondate di nemici; una magra consolazione.

Da dimenticare?

In conclusione Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate rimane tutto sommato un buon titolo, afflitto però da parecchi difetti, a cominciare da un gameplay non del tutto riuscito. Infatti gli scontri all’arma bianca (sempre e solo una) non convincono appieno risultando ripetitivi e privi di varietà, oltre al fatto che le potenzialità del sistema di combattimento, ma anche del sistema di controllo in generale, non sono state sfruttate al massimo. In compenso le sezioni platform sono davvero ben realizzate, geniali e in grado di coinvolgere e appassionare chiunque adori il genere, oltre che i “vecchi” fan della serie. Ad una giocabilità ben ritmata, ma in parte rovinata vi si affianca una veste grafica nel complesso abbastanza buona, dall’aspetto tra il reale e il “cartonesco”, e un comparto sonoro soltanto discreto. Infine la longevità mediocre (e la pessima rigiocabilità) unita alla scarsa qualità della trama e dei personaggi non permettono al titolo di ritagliarsi un posto tra i migliori giochi della corrente generazione (ma neanche tra i passati capitoli della saga di cui fa parte). Non che qualcuno si aspettasse un capolavoro, ma nemmeno ci si aspettava (o forse si?) che Prince of Persia: Le Sabbie Dimenticate fosse (con tutta probabilità) il peggior episodio della saga iniziata da Ubisoft; un episodio inutile, sospeso a mezz’aria e senza una sua reale identità. Il consiglio per gli sviluppatori sarebbe quello di continuare verso la strada intrapresa qualche anno fa, dato le notevoli potenzialità del titolo uscito nel 2008. Ciò nonostante, tutti gli appassionati e i fan del Principe troveranno questo capitolo divertente e coinvolgente, quindi un acquisto obbligato; anche se decisamente inferiore ai precedenti.

RECENSIONE FOLLOUT 3


Un DLC che sa di spin-off

Quanti possono essere i fini prefissatisi da un team al lavoro su un DLC? Nella maggior parte dei casi l’intento è quello di colmare parzialmente le lacune presenti nel titolo originale, nonostante sia possibile imbattersi, di tanto in tanto, anche in espansioni di nome e di fatto, che aggiungono nuove sfide o che inseriscono ulteriori motivi d’interesse (personaggi sbloccabili, costumi, abilità, territori…). Una delle funzioni più inesplorate finora è quella dello spin-off: l’ esempio che mi viene in mente è Grand Theft Auto IV: The Lost and Damned, in cui è possibile vivere Liberty City da una prospettiva diversa rispetto a quella a cui eravamo abituati. Da oggi l’espansione di GTA IV godrà dell’illustre compagnia di un altro eccellente spin-off, quello prodotto da Bethesda per il suo Fallout 3, che qui compare col sottotitolo Point Lookout.

Bethesda Softworks si riscatta!

Probabilmente vi siete avvicinati a questa recensione con non pochi dubbi, memori delle orride espansioni di Fallout che in questi mesi hanno appestato Marketplace e PSN. Bé, se così fosse, abbandonate ogni timore, e preparatevi ad affrontare i terribili segreti che si celano tra gli squallidi acquitrini della versione paludosa di Raccoon City… Ohhh scusate, Point Lookout. Non temete, non sto delirando, infatti il motivo del precedente lapsus è da ricercarsi nella straordinaria atmosfera da survival horror ricreata con perizia dagli sviluppatori, desiderosi di espandere ulteriormente le tipologie di giochi da cui Fallout 3 prende spunto: da oggi non soloRPG e FPS, ma anche un, seppur minimo, accenno di horror. Nessuno stravolgimento, come (purtroppo) fece il mediocre Fallout 3: Operation Anchorage, che poneva l’ accento sulle sessioni da shooter anziché mantenere gli scontri a fuoco un sano intermezzo tra una fase d’esplorazione e una di socializzazione. Qui si tratta più che altro di un’avventura in scenari più tetri e claustrofobici, con una scorta di munizioni a dir poco irrisoria e una trama allucinante, fatta di oscuri rituali e di buzzurri in salopette, che poco hanno da invidiare all’allegra famigliola texana di “Non aprite quella porta”. Questo, a grandi linee, è il contesto in cui vi muoverete.

Altra avventura, stesso gameplay, altro scenario

Come al solito, il vostro incubo inizierà con il classico messaggio, un invito all’esplorazione di una nuova zona del mondo (Point Lookout, appunto). Dopo l’ arrivo in queste malsane terre sarà probabile che proverete immediatamente un senso di nostalgia rivolto all’inospitale Washington D.C. postatomica che finora era stata la protagonista incontrastata di Fallout 3. Stavolta i paesaggi non offriranno un orizzonte tanto distante da sembrare vero, nessuna pianura sterminata, né tantomeno metropoli fatiscenti e spesso desolate: a Point Lookout è tutto più angusto, e il Sole abbagliante è solo in ricordo, almeno quanto gli agglomerati urbani. Se un diverso impatto visivo era più che pronosticabile, è invece più difficile in un’espansione modificare il gameplay, soprattutto se i canoni sono quelli di un GdR, in cui le capacità e i talenti del PG sono stati affinati attraverso numerose ore di gioco. Per questo la struttura di base rimane la medesima, con il sistema di mira S.P.A.V. che si alternerà ancora una volta alla modalità in tempo reale da FPS. Un coefficiente di difficoltà è dato dal fatto che voi agirete sotto copertura, da infiltrati, e dovrete affrontare numerosi riti occulti, senza far sospettare a chicchessia la vostra reale identità.

Fallout 3 cambia faccia, e fa un passo verso un genere che ultimamente iniziava a ristagnare: il survival horror. Da un punto di vista della tensione non raggiungerà certo i picchi di un Silent Hill o un Biohazard, ma si può dire che i Bethesda abbiano dato vita a un ibrido interessante, il cui modello potrebbe essere ripreso, in un futuro prossimo, da altri sviluppatori. Detto questo, consiglio a tutti gli appassionati dell’“esplosivo” GdR di fare un pensierino riguardo a Point Lookout, l’ ultimo cross over che riporta in alto un nome, quello di Fallout che merita espansioni alla sua altezza.

RECENSIONE RESIDENT EVIL 5

Tanto tempo fa!

Sono trascorsi oramai ben tredici anni dall’uscita nei negozi del primo, terrificante, Resident Evil (al secolo conosciuto anche con il nome di Bio Hazard, nome che contraddistingueva la versione giapponese del gioco), per la indimenticabile PSOne. All’epoca il primo contatto con quel magnifico prodotto di Capcom fu a dir poco sconcertante, creando di fatto il genere dei survival horror come li concepiamo oggi e facendo proseliti tra i fan dei videogames di tutto il pianeta. Le peculiari caratteristiche di questa creazione, ideata e trasposta da Keiji Inafune e Shinji Mikami, erano le emozioni, a dir poco angoscianti, che il gioco riusciva a suscitare anche nel più navigato dei videogiocatori, con ambientazioni a dir poco claustrofobiche, oscuri e minacciosi silenzi misti ad improvvisi, quanto terrificanti, versi di creature immonde. Il primo, anzi i primi due, Resident Evil erano questo: un sapiente mix di level design, di suoni e, soprattutto, di ritmo. Incessante a tratti, troppo calmo per essere vero in altri frangenti, il “tempo” nella serie Resident Evil è sempre stato il vero fulcro del gioco, riuscendo sempre a sorprenderti, anche grazie ai famosi zombie che infestavano le varie location e grazie ai repentini cambi di ritmo, che si sono rivelati nel corso del tempo come chiave per il successo di un survival horror. Oggi ci troviamo dinnanzi a Resident Evil 5, ultimo episodio di una saga che ha contato diversi spin-off su varie console, e che riporta sul palcoscenico il caro vecchio (anche se sembra più giovane di prima) Chris Redfield, accompagnato dalla new entry Sheva (no, non è lo Shevchenko del Milan...).

Hey Brucie!

Ordunque è giunto il momento di iniziare l’analisi dettagliata di Resident Evil 5, ultima fatica di Capcom in ordine cronologico di tempo, che in questi mesi è sempre stato al centro dell’attenzione dei fan e dei media grazie ad una sapiente campagna pubblicitaria, che ha concesso brandelli di informazioni per far lievitare considerevolmente l’hype. Sicuramente quest’ultima è cresciuta a dismisura, ma statene certi non è l’unica cosa ad essere aumentata! Un signore di nome Zdenek Zeman (continuando l’indiretta citazione calcistica) si sarebbe certamente posto il problema: Chris Redfield fa uso di sostanze dopanti al fine di alterare le sue prestazioni? In passato era, visivamente, un comune ragazzo, dalla corporatura abbastanza esile, mentre in Resident Evil 5 sembra che il caro Chris si sia lasciato andare e abbia presenziato un pò troppo ai festini da palestrati organizzati dal simpatico Brucie di Grand Theft Auto IV, sfoggiando due bicipiti grossi come uno scaldabagno.

La grafica

Sorvolando sulle fattezze esteriori di Chris (che è il classico soldato figo...banale clichè), è bene iniziare ad addentrarci in profondità in quelle che sono le principali caratteristiche tecniche, i pregi ed i difetti di questo titolo. Ad una più attenta analisi si evince senza ombra di dubbio che il vero punto forte di questo Resident Evil 5risiede nel comparto grafico, dove è possibile notare un grande sforzo da parte diCapcom, con una grafica apparentemente da urlo, in grado di competere con le recenti produzioni per PlayStation 3 ed Xbox 360, con buone textures e ottime animazioni. Appunto, apparentemente. Perchè di fatto Resident Evil 5, seppur in possesso di notevoli qualità in campo grafico, presenta una serie di, gravi, difetti che ne minano il giudizio complessivo in questo campo. Il più grave di tutti è forse la piattissima palette di colori scelta dagli uomini Capcom, che donano a RE5 un aspetto serioso ma che risulta essere alla lunga eccessivamente monocorde e banale. Un pò come i registi che, volendo fare un film dark, abusano di location con scarsa illuminazione. Come se non bastasse sono state riscontrate nel corso della prova sostanziali difetti, che per PlayStation 3 sono riscontrabili alcuni elementi ed alcune textures meno definiti rispetto a quanto è visibile nell’ambiente circostante, differenze ancor più marcate se confrontate con la versione Xbox 360, che risulta più definita in alcuni frangenti. Tuttavia anche la versione per 360 presenta un sostanziale, e grave, difetto: non di rado capita di notare del fastidiosissimo tearirg nelle scene più concitate, che spacca letteralmente in due lo schermo per alcuni, tediosissimi, istanti. Scarsa anche l’interazione a livello visivo con i vari oggetti presenti nell’ambiente, che eccetto pochi casi (come i fori di proiettile nei muri), risulta essere quasi del tutto assente.

Il gameplay: fardello del passato, la condanna dal futuro

Purtroppo Resident Evil 5, diciamolo subito, non è quanto ci aspettavamo. Ben lontano dai fasti d’un tempo, la saga ha vissuto momenti altalenanti, con picchi qualitativi estremi e con altrettante cadute di tono: questo quinto capitolo è, ahinoi, probabilmente più vicino a questi ultimi casi. Riproporre praticamente in toto il gameplay di Resident Evil 4, tentando di mescolarlo con sprazzi ed idee ripresi da altri titoli di altri generi si dimostra in Resident Evil 5 un tentativo mal riuscito: un pizzico di action game, un pò di FPS, una manciata di TPS, inseguimenti che ricordano Motorstorm, sono ingredienti che ben difficilmente potrebbero essere mescolati insieme, soprattutto se il prodotto a cui è destinato questo “esperimento” è un classico che conta milioni di fan in tutto il mondo. La meccanica di gioco, eccessivamente votata alla fuga (scelta quasi obbligata nella maggior parte delle occasioni, per colpa della scellerata scelta di mantenere il PG immobile mentre si mira con l’arma da fuoco) strizza l’occhio a questa recente tendenza nel realizzare prodotti accessibili a tutti e relativamente semplici, altresì chiamati con il vezzeggiativo “commercialata”. Ecco dunque sparire quasi del tutto i mitici indovinelli/puzzle che da sempre caratterizzano la saga, cui fa seguito la nuova grande novità: Sheva, la compagna che ci porterà a spasso sin dall’inizio del gioco. Questa nuova eroina è di fatto un valido aiuto nel corso delle missioni, poichè, oltre a contribuire all’eliminazione degli zombie, ci fornirà aiuto nell’attivazione di interruttori e ci rifornirà con il bene primario che, come in ogni Resident Evil, non è l’acqua: piombo, possibilmente a forma di proiettili. Proprio questo è uno dei fattori che differenziano questo nuovo capitolo dai predecessori, distruggendo quella peculiare caratteristica che ossessionava tutti i giocatori: il numero delle munizioni. Nei precedenti capitoli era un miracolo se di avevano 10 colpi di pistola ed un paio con lo shotgun, ora non è più così e, ne siamo certi, Rambo potrebbe avere meno colpi di voi. Per di più, ed è aggravante, i proiettili presenti nel gioco sono indicati benissimo (ci manca solo il cartello luminoso “Bullets for You”), rendendo di fatto nulle le emozioni che derivavano dai pochi colpi a disposizione , emozioni presenti a iosa nei precedenti capitoli. Come se non bastassero questi “problemi”, gli uomini Capcom hanno avuto l’idea di mantenere il principale limite che da sempre contraddistingue la saga, rendendo impossibile sparare ai nemici mentre si mira. Una scelta che stona con la vocazione maggiormente action e sparatutto diResident Evil 5 e che, assieme alle qualità da centometristi degli zombie, delinea un grosso limite nella varietà di approcci possibili per i videogiocatori (in sintesi: scappate, che è meglio). Peraltro, curiosamente, i nemici, che scattano e ci corrono incontro come se fossero una mandria impazzita, rallentano sensibilmente una volta arrivati nelle vicinanze. Non ci è dato sapere se sia ascrivibile ad un improvviso calo di zuccheri negli zombie o se si tratti di una incomprensibile scelta degli sviluppatori...noi propendiamo comunque per la seconda ipotesi. Purtroppo non è tutto, perchè altro problema, tutt’altro che irrilevante, è la monotonia nell’ambito del level design che si trova lungo tutto l’arco dell’avventura, con location molto simili tra loro, centinaia di nemici contro (tutti scemi come delle scimmie peraltro, vista la non certo brillante IA nemica) ed una sconcertante omogeneità nelle tipologie di missioni. Sebbene si colleghi molto bene con le storie dei precedenti capitoli, Resident Evil 5 è in ambito gameplay ed emozionale quanto di più distante si sia visto in ambito della tradizione della saga.

L’angolo di Freud

Ricordo ancora quello che è stato forse il momento più emozionante della mia “vita videoludica” come videogiocatore: l’ingresso nella centrale di polizia di Resident Evil 2. Ti guardi intorno, con il terrore che ci sia qualcosa, ma non c’è nulla. Apri il baule, dai una bella impolpata al tuo inventario (e, se la memoria non m’inganna, c’erano un pò di colpi per lo shotgun ed un erba medicinale), giri in fondo a sinistra dietro il paravento, quando ti vedi una cosa strisciare rapidamente davanti alla finestra. Non fai in tempo a capire cosa è, ma già te la stai facendo sotto. Apri la porta e parte la cut scene. Morto. Ben inteso, tre morti: Leon, Claire, morti sul campo, e il sottoscritto, le cui coronarie sono partite e hanno fatto il giro attorno all’orbita lunare. Tre volte. Questa era l’emozione di Resident Evil 2 e l’atmosfera che permeava la saga era la medesima. In Resident Evil 5 le cose sono cambiate molto, colpa dell’approccio action a cui Capcom ha puntato, depauperando il comparto emozionale del gioco, quasi completamente svuotato delle emozioni originarie. Di adrenalina ne proverete tanta, più di quella che si può provare in un normale FPS (tipo Resistance 2), proverete una certa frustrazione (perchè, alla fine, dovrete sempre scappare), ma di paura, beh, ne troverete ben poca. RE5 ha perso quasi del tutto l’anima survival horror che ne ha sancito il successo, lasciando spazio ad uno spirito ibrido tra uno sparatutto su binari ed una accozzaglia di altri generi. Questo non è Resident Evil e non è lo spirito di un survival, almeno per come siamo abituati. Il comparto sonoro non eccelle peraltro, con buoni effetti ma ben poche musiche degne di nota, e la modalità Mercenari online, comunque divertente, fanno da corredo a quanto proposto da Capcom.

In conclusione

Innanzitutto teniamo a precisare che nessuna scimmia è stata offesa e/o maltrattata nel corso della stesura di questa recensione. Fatta questa, doverosa, precisazione arriviamo al dunque e diciamo subito che, senza giri di parole,Capcom non ha centrato l’obiettivo. Almeno non quello dei fan della saga. Resident Evil 5 è un prodotto riuscito per metà, ricco di colpi di scena e farcito con una storia veramente interessante (anche se incomprensibile per i neofiti della saga), tuttavia le pecche di questo titolo sono sparse praticamente in ogni settore, a partire dall’ambito grafico, visivamente appariscente ma che, ad una attenta analisi, presenta lacune macroscopiche e tutt’altro che veniali. Il gameplay, forse vera e propria sciagura di questo quinto capitolo, è un fastidioso ibrido tra elementi del passato, coniugati con elementi di gameplay attuali, e condito da emozioni che non hanno nulla a che spartire con i generi survival ne tanto meno horror, evidenziando lapalissiane indecisioni in seno alla stessa Capcom circa la direzione da prendere. Il sonoro, già da un po’ di tempo, non eccelle (se non per gli effetti sonori) e tutto il resto sbiadisce nel ricordo di ciò che è stato in passato. Cosa dovrà essere Resident Evil da qui in avanti? Emblematiche le parole di Jun Takeuchi, che ha confermato sin da ora l’inversione di tendenza, il “reboot” della saga a partire dal sesto capitolo, che sarà profondamente diverso da Resident Evil 5, titolo da cui il geniale Shinji Mikami, autore del passati capitoli, ha preso le distanze. Di fatto questo RE5 è un buon gioco, che risulta essere però ben lontano dal valore che tutti quanti si aspettavano e, nonostante proponga una interessante modalità cooperativa (fruibile sia in locale che online, eliminando il problema dello split screen) non riesce ad innovare rispetto a Resident Evil 4, peccando in vari aspetti. La paura è altrove, speriamo che Mikami-sama torni presto.

RECENSIONE RESISTENCE 3

Il giusto epilogo per una fortunata serie?

Siamo dunque giunti al terzo episodio della serie Resistance, brand nato e cresciuto esclusivamente sui sistemi PS3 e giunto al suo terzo appuntamento. Il titolo targato Insomniac Games ha saputo, nelle sue prime due incarnazioni, ritagliarsi una discreta e nutrita schiera di appassionati, grazie al buon mix sviluppato tra single player e multiplayer. In ogni caso i due primi capitoli hanno lasciato l’amaro in bocca per qualche pecca più o meno fastidiosa che ne ha incrinato il giudizio complessivo. Nonostante i limiti riscontrati, sia nel primo sia nel secondo episodio, Resistance 3 ha comunque mantenuto alte le aspettative e le attenzioni dell’utenza Sony, pronta a ritornare in guerra, questa volta nei panni di un nuovo eroe. 

Resistance incontra Falling Skies… 

Se avete seguito la nuova serie trasmessa su FOX nel corso di questi mesi,Falling Skies, avrete notato la somiglianza dei due protagonisti... Somiglianza tra l’altro da estendere alla trama che unisce i due prodotti dove il binomio alieni contro umani la fa da padrone. Mettiamo da parte questa curiosa nota ed entriamo nel mondo di Resistance 3 e del “piccolo” problema a cui dovremo far fronte. Il plot narrativo di questo terzo episodio sarà legato immancabilmente ai suoi predecessori dove l'audace Nathan Hale ha visto vanificati i suoi sforzi per controbattere l’invasione aliena anche a scapito della sua stessa vita. Il buonJoseph Capelli, nuovo protagonista della serie, sarà dunque al centro di questa avventura in cui lo vedremo in viaggio da Oklahoma verso News York nella speranza di distruggere un impianto colpevole dell’abbassamento della temperatura terrestre. Affrontare questo viaggio non sarà facile perché oltre all’impervia difficoltà della missione, Capelli lascerà la sua famiglia, moglie e figlio. La trama quindi porterà con se anche pillole di complessità interiore che attanaglieranno il protagonista del gioco lungo il corso dell’avventura. La trama dunque, sebbene non originalissima, parte bene offrendo spunti scenografici e tematici incalzanti. Tuttavia andando avanti constateremo come il filone narrativo risulti sempre più fragile e meno convincente, lasciandoci imbambolati e maggiormente impegnati nelle sparatorie piuttosto che incuriositi dallo sviluppo del plot. Peccato perché oggi più che mai, nelle maggiori produzioni, la trama risulta un elemento portante e non da parcheggiare in secondo piano. 

Un arsenale da non sottovalutare!

A Sostegno del nostro Joseph arriverà un arsenale di tutto rispetto che ci darà occasione di fronteggiare le difficili situazioni proposte dalla storia. La possibilità di modificare le nostre armi, grazie all’esperienza di gioco acquisita, verrà affiancata dal fuoco secondario di ognuna di esse che sarà in grado di variare non poco l’esperienza e le situazioni proposte dall’avventura. Avventura che varierà anche grazie alle molteplici location sviluppate (anche se limitate nella loro struttura), tutte ben articolate e coreograficamente convincenti. Il cuore del gameplay diResistance 3 rimane comunque il puro scontro a fuoco, impreziosito, per fortuna, da una buona intelligenza artificiale sviluppata che ci costringerà spesse volte a ragionare prima di tuffarci negli scontri a fuoco. Un occhio dovremo tenerlo anche al livello dell'energia vitale che si ricaricherà (bei vecchi tempi) solo attraverso imedikit che troveremo negli ambienti di gioco e non stando semplicemente a riparo dietro un muro o una sporgenza utile. Gli scontri con i Chimera e i diversi alieni, si alterneranno a sconvolgenti, sotto l’aspetto visivo, boss fight, che ci vedranno impegnati in scontri contro enormi alieni che occuperanno, nella maggior parte dei casi, una grandissima porzione dello schermo. Aspetto decisamente emozionante che varierà ancor di più l’esperienza di gioco. Il gameplay di Resistance 3 si arricchisce anche della modalità cooperative, disponibile sia in split screen, siaonline ad invito, elemento sicuramente utile per allungare e condividere la campagna che vi porterà via circa una decina di ore di gioco. 

Il multi, una garanzia!

Resistance 3, oltre ad un buon comparto single player porta con se una struttura multi di tutto rispetto. Molto simile per certi versi alle odierne esperienze in stileCOD, il titolo Insomniac propone potenziamenti e abilità quali perks e killstreakoggi sempre più utilizzati e sfruttati. Durante le partite online il nostro personaggio beneficerà di punti partita e crescerà sbloccando diverse feature. Inoltre così come già visto in Uncharted 2, il personaggio potrà beneficiare di due speciali abilità da affiancare al personaggio. Ad esempio potremo settare uno scudo utile nei momenti di caos, oppure un simpatico ologramma in grado di confondere il nemico. Queste opzioni, offensive o difensive, saranno attivabili in ogni momento del match e saranno utilizzabili solo per un determinato periodo di tempo, trascorso il quale, per poterle riutilizzare, dovremo aspettare che il potere si ricarichi. Lasciato da parte l’esperimento caotico del secondo episodio in cui potevamo competere con 60 partecipanti contemporaneamente, Resistance 3 torna nei limiti lanciando in game un massimo di 16 giocatori, numero molto più appropriato oserei dire… 

Ma il comparto tecnico?

Il comparto grafico di Resistance 3 si attesta su buoni livelli, ma ahnoi non si affianca agli esponenti maggiori del genere, soprattutto se consideriamo che stiamo valutando un’esclusiva, e si sa, dalle esclusive ci si aspetta sempre il massimo. Il titolo Insomniac, infatti, soffre di texture non sempre definite e di animazioni poco fluide. Bene, invece, sul piano effetti di luce e illuminazione. Sul fronte audio, invece, siamo su ottimi livelli, sia dal punto di vista del doppiaggio, sia dal punto di vista della colonna sonora. 

Una strenua resistenza!

Resistance 3 si è rivelato un titolo di tutto rispetto, un FPS in grado di rivaleggiare con molti esponenti del genere e di garantire spensierate ore di divertimento ludico, sia sul fronte single player sia sul fronte multiplayer. Peccato, veramente peccato per la trama, che via via si sbriciolerà fino a rivelarsi un semplice orpello nella struttura del prodotto. Non benissimo anche sotto l’aspetto grafico che, seppur sopra la media mostra qualche incertezza sotto il profilo delle texture e delle animazioni. Messe da parte queste imperfezioni però, Resistance 3 si farà comunque giocare alla grande… multiplayer ben sviluppato, cooperative coinvolgente e ambientazioni scenograficamente convincenti sono il piatto forte della produzione Insomniac Games, produzione che consigliamo di provare a tutti gli appassionati della serie e ai fan degli sparatutto vecchio stile, a cui Resistance 3 strizza l’occhio. 

RECENSIONE UNCHARTED 3

Un Brand da Capogiro!

Diciamocelo chiaramente, in pochi all’uscita del primo Uncharted avrebbero immaginato il successo che poi la serie avrebbe ottenuto in questi anni. Tuttavia dal secondo episodio le potenzialità del brand sono state ben più chiare e tangibili.Among Thieves, ha sostanzialmente decretato il successo di una produzione di altissimo profilo, caratterizzata da un’avventura single player duratura ed appassionante, personaggi ancor più caratterizzati, ma soprattutto ci ha dato occasione di ammirare un sistema multiplayer divertente e potenzialmente infinito.Uncharted 3 porta sulle spalle il duro compito di doversi confermare sugli standard del suo precedente episodio, cercando di migliorare e limare un concept di gioco già di altissimo livello. Compito non semplice, ma diciamolo subito, ampiamente riuscito. Intendiamoci, Uncharted 3 non stravolge le trame tessute dal suo predecessore, semplicemente ne perfeziona alcuni aspetti e ne espande altri. Vediamo insieme quello che ci aspetta!

Un’altra Avventura Epica

Che Nathan Drake prenda spunto dall’intramontabile Indiana Jones è ormai praticamente assodato; studioso storico e amante del rischio, anche il protagonista del titolo Naughty Dog si presta felicemente all’avventura calamitando su di se nemici pronti a tutto e circostanze al limite dell’impossibile. Questa volta saremo spinti, coadiuvati dalla storica spalla Victor Sullivan, alla ricerca della città diUbar, famosa nel tempo come l’Atlantide delle Sabbie, un luogo storicamente prospero di tesori e memorabili reliquie scomparso nel corso degli anni condannato dagli Dei per la sua arroganza. Ma cosa sarebbe un’avventura senza un degno rivale? Sicuramente poco emozionante e priva di verve e colpi di scena… Entra in gioco quindi l’avversario di Drake, l’algida Katherine Marlowe, leader di un ordine segreto con radici che risalgono ad oltre 400 anni. L’espediente di questa rivalità nasce dalla rivendicazione di un antico artefatto, un anello attraverso il quale scardinare un mistero di smisurato valore. Attraverso queste premesse Uncharted 3 ci trasporterà lungo diverse location europee e medio orientali che culmineranno nel cuore mistico del deserto arabo. L’antagonista di Drake risulta, rispetto allo scialbo Zoran Lazarevic di Among Thieves (una delle poche pecche di quel prodotto), un personaggio decisamente più profondo e in grado di catalizzare l’interesse del giocatore su ogni sua subdola mossa o dialogo con i protagonisti. La caratterizzazione dei personaggi, tra i quali troveremo vecchie graditissime conoscenze, risulta dunque ancor più completa e profonda portandoci ad ammirare uno dei migliori cast videoludici sino ad oggi conosciuti. La trama inoltre, corre via con classe e senza particolari intoppi coinvolgendoci nelle classiche fasiadventurestealth e spratutto. Uncharted 3, come da copione, risulta infarcito di sequenze animate d’impatto che vi lasceranno senza fiato, sequenze girate con strepitoso gusto scenico e messe insieme da una regia cinematografica senza rivali. Unico neo della storia di questo terzo capitolo firmato Naughty Dog risiede nella sua durata, ora ristretta nell’arco delle 9 – 11 ore di gioco. L’intensità dell’avventura scandita da diversi momenti indimenticabili è comunque sufficiente per attenuare questa mancanza. 

Un Gameplay Rimasto Inalterato

Vista la qualità espressa dal suo predecessore, era pressoché scontato cheUncharted 3 ci avrebbe presentato più o meno le medesime meccaniche. Il titolo si mostra quindi come il più classico dei TPS che attraverso la struttura dei livelli, che si innalzeranno anche in direzione verticale, ci metterà al cospetto di un filoneaction/adventure e shooter. Naturalmente le fasi sparatutto si appoggeranno al sistema di copertura che ci darà occasione di studiare il territorio coprendoci dall’avanzata nemica e allo stesso tempo controbattere al fuoco avversario. Sfruttare le protezioni ambientali sarà fondamentale, ma Uncharted 3 ancora mostra il fianco ad alcune imprecisioni che daranno il via a situazioni fastidiose. In sostanza il problema si verifica perché il tasto assegnato alle coperture è lo stesso per le capriole… in altre parole il sistema in alcune circostanze (soprattutto in presenza di molte zone di copertura) confonderà l’azione scelta dal giocatore optando per una schivata o un appostamento non previsti. Piccole leggerezze che potevano essere perfezionate. Il sistema dei combattimenti corpo a corpo ha subito una rivisitazione ed ora sarà possibile sfruttare un maggior numero di situazioni utilizzando anche l’ambiente circostante e i classici QTE. Anche in questo caso però, sarebbe stato utile migliorare la fisicità degli scontri che, così come in Among Thieves, risultano un tantino leggerini e mai troppo realistici. In sostanza le scazzottate non trasmettono le naturali sensazioni che uno scontro a mani nude dovrebbe provocare. L’azione di gioco di Uncharted 3 varia con costanza mettendoci anche al cospetto di enigmi interessanti e mai troppo banali, ma soprattutto meno scontati del precedente capitolo. Insomma nel titolo Naughty Dog è presente la giusta dose per ognuna delle fasi presenti, azione, avventura, sparatorie e fasi cervellotiche. 

Finito il Singleplayer si Apre un Altro Mondo!

Naturalmente un titolo dalle potenzialità di Uncharted 3 non poteva esimersi dal migliorare l’altro suo punto di forza, ovvero il multiplayer. Rispetto al sue predecessore questo nuovo capitolo della serie porta con se alcune novità che, come accennato nell’articolo relativo alla beta, ne espandono il concetto avvicinandolo ai classici del genere come Call of Duty. Il riferimento alla serieActivision non si lega certamente al modello di gioco, ma esclusivamente all’introduzione delle abilità (o se preferite perks) da sfruttare in partita. Ottenendo determinati punteggi e medaglie avremo accesso ad alcune opzioni che ci faciliteranno la vita durante i match. Vedersi materializzare un simpatico quanto utile RPG dopo un determinato numero di bonus ottenuti, farà la felicità di molti. Le aggiunte non si limitano certamente a questa e gli amanti delle espansioni potranno brindare. Uncaherted 3, infatti, sempre tramite l’esperienza e il denaro accumulato, darà occasione di upgradare le armi disponibili e customizzarle a seconda del nostro stile di gioco. Le novità non si fermano qua, perché prima di tuffarci nel mondo multiplayer sarà possibile creare il nostro personaggio in base all’editorpresente intervenendo su alcuni, anche se non numerosissimi, fattori. Customizzabile anche l’emblema; quest’ultimo potrà apparirà nel corso dei match in alcuni punti delle mappe per far capire quale giocatore sia in testa al gruppo. Non mancheranno poi gli slot dedicati alle abilità speciali, così come nel precedente capitolo, sarà, infatti, possibile (sempre a seconda del nostro rank) utilizzare degli extra applicabili al personaggio per rendere le sue caratteristiche migliori rispetto a quelle con cui partirete. Queste abilità andranno dalla possibilità di arrampicarsi più velocemente, ridurre il tempo di respawn di qualche secondo, ricevere munizioni aggiuntive etc. etc.. Durante le partite online inoltre, i match saranno anche suscettibili a degli obiettivi che si attiveranno allo scopo di riequilibrare le sorti della partita a favore o contro una squdra. Parlando delle modalità, oltre alle classichedeathmatch e team deathmatch è stato aggiunto il 2vs2vs2, un gruppo da tre, composto ognuno da due persone che dovranno collaborare per raggiungere il miglior punteggio. Richiesto in questo caso un grande affiatamento con il compagno per organizzare sortite offensive di tutto rispetto. Presenti anche le modalità cooperative online dove saremo messi al cospetto di ondate nemiche in simil Gears of War nella modalità orda. La novità sta che durante l’invasione nemica dovremo tenere d’occhio anche gli obiettivi mutevoli che il titolo ci sottoporrà durante le partite. Introdotta nuovamente la possibilità di affrontare alcune missioni ispirate alla storia principale affrontabili insieme a quattro persone contemporaneamente. In questo caso dovremo proseguire nelle location scelte ed avanzare fino a determinati punti prestabiliti. Se l’introduzione delle novità sopra elencate non dovesse piacervi e vorrete rimanere fedeli al sistema di gioco passato, sarà possibile fruire dell’opzione apposita denominata, Estremo che vi priverà dei potenziamenti e delle medaglie. La qualità delle mappe sviluppate non fa altro che aumentare la qualità complessiva del comparto online concepito. Ambienti mutevoli, oltre che splendidamente sviluppati, daranno il via ad appassionanti sfide fino a 16 giocatori contemporaneamente. Ad oggi, vista ancora la scarsa presenza di persone sui server di gioco, non possiamo dire con certezza assoluta che i match saranno privi di problemi legati ai classici inconvenienti del caso. Tuttavia, la splendida esperienza avuta con Uncharted 2: Among Thieves ci rassicura fortemente e siamo praticamente certi che all’uscita ufficiale del titolo, non si verificheranno particolari problemi. 

Non Credo ai Miei Occhi!

Spesso, davanti allo splendore visivo ricreato dai ragazzi Naughty Dog, vi abbandonerete a questa esclamazione… La magnificenza scenica messa in campo in Uncharted 3 raggiunge, infatti, vette di assoluto splendore. A partire dalla qualità degli ambienti sviluppati, davvero sensazionali in alcuni punti, passando per la fluidità del motore grafico che non accusa il colpo neanche nelle situazioni più concitate e affollate. Effetti di luce sbalorditivi, effetti ambientali di prim’ordine e qualità strutturale dei livelli, formano un quadretto complessivo da far invidia al miglior pittore presente su piazza. Uncharted 3 rappresenta senza ombra di dubbio, sotto il profilo artistico, una delle migliori produzioni mai create. Non è da meno anche il reparto audio, composto da musiche d’impatto coadiuvate da un doppiaggio di livello (se si esclude qualche eccezione), anche nel modello nostrano. 

Conclusioni

Uncharted 3, nonostante l’enorme peso dell’hype generato da pubblico e stampa, ha mantenuto in pieno le sue premesse, rientrando in scena con un prodotto di assoluto spessore e rilevanza. Non aspettatevi certamente una rivoluzione rispetto ad Among Thieves, ma nonostante il concept di gioco rimasto pressoché invariato (soprattutto sul fronte single player), il prodotto firmato Naughty Dog saprà convincervi sotto ogni punto di vista: trama d’impatto, personaggi ormai consolidati (compreso un antagonista di spessore), grafica da urlo e un comparto multiplayerrivisto sotto alcuni aspetti. Uncharted 3, infatti, così come il suo predecessore, non si limita ad offrire esclusivamente un’avventura epica, ma completa la portata con un reparto multiplayer oggi più completo che mai. Per adattarsi agli standard odierni, lo spazio online, competitivo e cooperativo del titolo Naughty Dog, si mostra più completo e impreziosito da nuove abilità, perks e un parco armi editabile ottenendo esperienza nei match. Uncharted 3 avrà dunque dalla sua un comparto single palyer di spessore che verrà affiancato dalla sezione multiplayer in grado di rendere questo nuovo appuntamento davvero infinito dal punto di vista dellalongevità. Il titolo Naughty Dog si candida senza ombra di dubbio come miglior titolo dell’anno e descrivibile facilmente in una sola parola: Sensazionale.